Francesco Esposito: “”Bonsai” è una canzone nata per gioco. Guardo con interesse all’indie”

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Oggi vi presentiamo Francesco Esposito, un cantautore, cresciuto con tanta musica nelle cuffie. “Bonsai” è il suo ultimo singolo.

Ciao Francesco come ti sei avvicinato alla musica?

Mi sono avvicinato alla musica che ero così piccolo che manco me lo ricordo. Mia madre mi dice sempre che lei e papà quando stavo nel pancione m’hanno portato ad un concerto di Claudio Baglioni; sicuramente m’hanno portato ai live heavy metal di Oscar, una delle persone a me più care, quando facevo le scuole elementari. Insomma è una passione datata. E quindi naturale è venuta la chitarra, poco più che bambino, e poi l’inclinazione innata per la scrittura, che coltivo nelle forme più svariate. Da qui, in tempi più recenti, forse anche grazie alla pandemia e ai significati che ha portato nelle nostre vite, la spinta a togliere i testi dal cassetto e la chitarra dall’armadio in cui stava rischiando di impolverarsi per iniziare più seriamente un percorso artistico.

Le tue principali esperienze…

La pandemia, come ho detto, ha attivato un meccanismo che mi ha spinto a portare fuori emozioni e musica. E quindi ho iniziato solo recentemente, grazie al contributo indispensabile di Luca, a confrontarmi con la produzione digitale e con l’incisione dei brani che scrivo. Purtroppo, visto il periodo, è stato complicato portare in live il mio progetto artistico. Ma infondo penso di essere solo all’inizio: il tempo è il bene più prezioso che abbiamo, e l’importante è spenderlo in ciò che ci fa stare bene.

C’è un artista a cui ti ispiri?

Ho scritto un po’ ovunque che sono cresciuto con Rino Gaetano nelle cuffie. La sua ironia, il suo sguardo unico sulle cose, la capacità di mettere in versi ed in musica i paradossi e l’esasperazione dei paradossi, hanno segnato profondamente il mio modo di guardare il mondo. Ascolto tantissima musica d’autore, da Battisti a Lucio Dalla, e a quella sostanzialmente mi ispiro. Così come guardo con interesse al filone più recente del cantautorato, quello che definiamo “indie”. 

“Bonsai”, puoi parlarcene? Com’è nato?

“Bonsai” è una canzone nata per gioco. È uno dei testi che non ho programmato di scrivere. Forse è così che vengono fuori le cose più belle: senza programmarle. Io, almeno, quando programmo le cose poi rischio di fare sempre cilecca. Il testo si regge su un impianto metaforico: i bonsai possono – grazie a particolari tecniche di coltivazione ma soprattutto grazie all’attenzione e alla cura di chi se ne occupa – rimanere intenzionalmente piccoli anche per molti anni, oltre che essere indirizzati nel percorso di crescita; in questo senso, li ho messi in relazione con i rapporti umani, in particolare quelli sentimentali, che possono mantenere quella bella e sognante ingenuità tipica dell’adolescenza e della gioventù ma crescere e maturare indirizzati da chi li vive. Quello che conta è la cura, l’attenzione.

Progetti futuri?

Come ho appena detto non ho un buon rapporto col fare programmi, ma sicuramente mi piacerebbe suonare in live – magari in acustico – quello che sto scrivendo e continuare a portare fuori le mie canzoni. È una cosa che mi fa stare bene, a cui non voglio mai più rinunciare. 

Cos’è per te… “uno spettacolo nel cassetto”?

Il cassetto è ritornato molto in questa intervista, e spesso in un’accezione non del tutto positiva. E però se il cassetto è il posto dove mettiamo i nostri sogni più intimi, allora è un posto di cui prendersi cura in maniera maniacale… come un bonsai, ecco! Chiaramente, arriva un momento in cui i sogni dal cassetto bisogna avere il coraggio di toglierli per mettersi all’opera. Io spero che questo momento arrivi presto.

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