Gruppo Palude: “La nostra musica? Acida, sperimentale e imprevedibile”

Oggi vi presentiamo il Gruppo Palude, una band composta da Tommaso Severgnini (voce e flauto traverso), Ruben Mese (chitarra e synth), Angelo Panichella (chitarra), Michele Ripamonti (basso) e Riccardo Zerboni (batteria). Archè è il loro ultimo progetto discografico.

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Gruppo Palude, com’è nata la vostra band? Perché questo nome d’arte? 

Tra laghi, fiumi e montagne, nel 2012, a Erba, un gruppo di amici si trova a suonicchiare qualche cover. In un paio di prove nasce il Gruppo Palude: 5 teste alla ricerca di nuovi suoni e nuove idee per fare rock, tant’è che la band inizia subito a dedicarsi alla scrittura di brani inediti in inglese. Nel 2018, dopo qualche anno e un EP da 5 brani in italiano (Lunatica) Tommi entra in formazione per sostituire il cantante, dedicandosi con gli altri quattro componenti, Boos, Riky, Ruben e Angy alla stesura dei brani che poi andranno a formare Archè, il primo album. Il nome Gruppo Palude deriva da storie adolescenziali, in cui boschetti, laghi e canneti erano i posti ideali per cercare un po’ di evasione con l’aiuto dell’erba terapeutica. Da qui il gruppo di Angy e Boos viene etichettato come “paludoso”. Ed ecco fatto, il Gruppo Palude.  Caro a noi di Merone è inoltre il lago di Pusiano, ambiente paludoso dal cui canneto (il carech) proveniamo. 

Tre parole per definire la vostra musica… 

Acida – Sperimentale – Imprevedibile .

“Archè” è il nuovo disco. Qual è il suo filo conduttore? 

“Archè” è un viaggio, che già dal titolo riporta alla mente i miti greci. Archè, ovvero origine. Nell’album sono numerose le citazioni ai poemi epici dell’antica grecia e alla loro filosofia, alla base del nostro pensiero occidentale. Partendo da questi spunti è stato creato un percorso che chiunque può affrontare o ha affrontato (magari inconsapevolmente) nella propria vita. Una ricerca di se stessi attraverso alti e bassi accompagnato da musiche e testi che descrivono le emozioni altalenanti di ciascuno di noi. La funzione dell’arte, del teatro e della letteratura in passato è spesso stata catartica, purificatrice, ovvero volta a suscitare una reazione nello spettatore / lettore che gli permettesse di attraversare uno stato emotivo altrimenti difficile da sperimentare e di liberarsi dalle emozioni qui scaturite. L’intento di questo lavoro è simile, condurre l’ascoltatore in un viaggio interiore per toccare la sua emotività, cosa per alcuni molto scomoda, provare empatia per le situazioni raccontate nei brani e da queste, si spera, imparare qualcosa. Alla base di questo lavoro c’è stata anche una ricerca psicologica non indifferente, riscontrabile in alcune tematiche affrontate: il trauma, la fuga, la dipendenza, la reazione. Insomma, un album che in qualche modo vuole essere terapeutico, per noi e per l’ascoltatore. 

Una collaborazione che sognate? 

Willie Peyote.  (qualche riserva: Verdena – Subsonica – Bud Spencer Blues Explosion – Tonino Carotone)

Progetti in cantiere? 

È difficile fare programmi in un periodo come questo; ovviamente, la prima speranza, è quella che ripartano in fretta i live, in modo tale da portare in giro Archè: dal vivo siamo a nostro agio e pensiamo che possa avere un impatto ancora più forte, più aspro. Per il resto l’idea è di ritrovarsi al più presto in sala prove a riprendere i 10 brani che compongono il disco (che con la ripartenza dei live potrebbe essere stampato in copia fisica) e soprattutto a creare nuova musica. 

Cos’è per voi… (citando il nostro sito) …”uno spettacolo nel cassetto”?

Uno spettacolo con fumi e raggi laser.

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