Attilio Fontana è un cantautore, attore, cantante e performer. Ha iniziato la sua carriera da giovanissimo, ad appena 17 anni è stato ingaggiato come corista in una trasmissione di Pippo Baudo, “Papaveri e Papere”. Ha vinto due edizioni di Tale e Quale Show ed ha preso parte tante fiction di successo. “Sessioni segrete” è il suo nuovo disco.

Sei un artista a 360°, qual è per te la tua vocazione più grande?
Diciamo che in questo periodo sono “bipolare” artisticamente parlando, nelle mie canzoni c’è la parte più intima e sincera di me, riesco a raccontare il mio modo di vedere la vita e il mondo e questo mi dà la possibilità di spogliare completamente l’anima e donarla a chi le ascolta. Poi c’è il teatro dove quando ne ho la possibilità mi “vesto” attraverso il personaggio di una vita e mi dono completamente, riuscendo a fare viaggi incredibili insieme al pubblico.
Hai vinto due edizioni di Tale e Quale Show, qual è il ricordo più bello che custodisci? Qual è stata l’esibizione più difficile?
È stata un’avventura speciale e tra i ricordi più belli ci metterei Clizia con cui da sette anni stiamo costruendo ancora, oltre che una famiglia speciale, tantissimi mondi creativi, sostenendoci sempre. Insieme ai tantissimi altri ricordi indelebili in un posto speciale metterei la fortuna di aver conosciuto e condiviso momenti bellissimi con Fabrizio Frizzi con cui per un breve periodo, purtroppo, ma intenso ci siamo scambiati tanti sorrisi e un’amicizia rara e sincera.
L’esibizione più difficile è stata quella di Battisti che oltre a non essere mai stato imitato prima per me era un mito e quindi sentivo molto grande la responsabilità di regalargli un omaggio degno della sua memoria per me e per tutti quelli che come me sono cresciuti con la sua musica.
Un aneddoto relativo a questa esperienza da imitatore…
Devo dire a parte il lavoro ossessivo che facevo sui personaggi da imitare i momenti più belli erano quelli del “camerone” in cui ci truccavamo per ore tutti insieme, dopo le prime puntate era diventata una “nave dei pirati” tra barzellette, risate, lanci di nasi di silicone e battute esilaranti, la competizione svaniva e si faceva come si dice a Roma una “caciara” incredibile.
Hai preso parte a diverse fiction, ce n’è una in particolare che ti ha lasciato più delle altre? Se sì, perché?
Forse Caterina e le sue figlie, perché c’era una Virna Lisi ancora bellissima da veder lavorare e a cui poter rubare un po’ di mestiere negli occhi e anche per il ruolo di cristallo che maneggiavo, mi ricordo che era uno dei primi ruoli gay, non la macchietta del gay ma un ragazzo timido e introverso che aveva difficoltà a farsi accettare dalla madre e ricordo che in quel periodo fu un importante riferimento per dei ragazzi che erano nella stessa situazione e che mi scrivevano lunghe e dolorose mail ringraziandomi di “raccontarli” con sensibilità. Fu un ruolo che in quel periodo e nella tv di quegli anni “mosse” secondo me delle cose cambiando il punto di vista per molte persone e su molti pregiudizi.
Il momento più emozionante vissuto in carriera…
Forse la prima volta all’Arena di Verona dove aprivo uno spettacolo importante. Sapere che migliaia di anni prima lì nello stesso posto qualcuno si è esibito mi ha dato un’energia forte e inquietante.
“Sessioni segrete” è il tuo nuovo disco. Com’è nato questo progetto? Puoi parlarcene?
È una spremuta di succo concentrato di me, sono nudo, “sprotetto” da autotune e con un “buona la prima” da mettere nel disco. Mi ha ricordato come si facevano i primi vinili, si metteva un disco di cera e si suonava, quello che c’era era buono. Una sorta di Polaroid del momento, ecco “Sessioni segrete” è la Polaroid esatta di questo momento, un disco sincero fatto e voluto così in pieno lockdown emotivo ed empatico per il mondo, è un elogio al “dal vivo” e alla sincerità nei suoni e nella voce, chi lo ascolta ha la possibilità di essere a un centimetro da noi che stiamo raccontando storie attraverso canzoni, mi piaceva l’idea che chi lo incontrasse fosse scosso dalla sua “nudità” e credo sia una piccola crociata contro l’ossessione dei numeri dell’algoritmo e della velocità, tutti vanno come formiche dove il “numero” chiama e a me piaceva l’idea di fare un disco che potesse incontrare qualche farfalla che non ha troppa fretta di “s-posarsi” dal fiore.

Hai deciso di interpretare il “Triangolo”, cover della canzone di Renato Zero. Perché questa scelta? Da che cosa è nata?
Dal divertimento che da bambino mi provocava sentire questa canzone e dall’idea dell’arrangiamento che un giorno, giocando con Franco Ventura chitarrista e mia “metà” musicale ormai da vent’anni, abbiamo tirato fuori giocando a vestirla come se fossimo in un nightclub degli anni settanta, ne è nata questa versione a cui ci siamo affezionati e abbiamo deciso di imprimerla e usarla come locomotiva del disco.
Cos’è per te… (citando il nostro sito) …“uno spettacolo nel cassetto”?
Quello che ti fa andare avanti nella vita in un momento come questo, sapere che nel cassetto c’è inchiostro che freme per essere riscritto, letto, visto, amato, messo in piedi, parlato, cantato e danzato, il sogno di ogni artista… a proposito, ho uno spettacolo nel cassetto ma ne parliamo la prossima volta…