Oggi abbiamo avuto il piacere di avere ai nostri microfoni Federico Rossi, attore classe ’90. Ci ha raccontato il suo grande amore nei confronti della recitazione, il suo debutto su Rai 1 in “Non Dirlo al Mio Capo” nel personaggio di Jacopo Lombardi, i rapporti con i suoi colleghi ed i progetti che ha in cantiere.

Com’è nata la tua passione per la recitazione?
Partendo dalla via opposta: studiando economia. Prendendo la via della logica e della razionalità ho fatto una scelta di testa. Mi sono ritrovato a dover fare i conti con la mia ipersensibilità. Sterzare verso il mondo delle emozioni, dell’immaginazione e della fantasia, è stato per me, un passaggio organico. Non auguro a nessuno d’ammalarsi del morbo della recitazione!
Nella fiction “Non Dirlo al Mio Capo” hai vestito i panni di Jacopo Lombardi, puoi raccontarci quest’esperienza? Quanto c’è di te in questo personaggio?
“Non Dirlo al Mio Capo” è stato per me il mio debutto in RAI a 6 puntate, nel personaggio di Jacopo… non poco lontano da me. E’ stato il primo ruolo di spessore che abbia mai recitato in madrelingua ed è stato sbalorditivo. Lavorare per sei mesi su un personaggio come Jacopo Lombardi, in una specie di lunghissimo ed eterno film, fra l’altro in chiave comica, mi ha permesso di prendere e prendermi spassionatamente in giro in tutto e per tutto. Assieme ad un mio ex agente l’idea era quella di lanciarmi come “nerd”, per poi fare il cambio in “bel ragazzo”. Un po’ come il personaggio di Steve Urkel in ‘Otto sotto un tetto’. E destino fu che entrai a far parte di “Non Dirlo al Mio Capo”. Il problema è che il passaggio in bellone alla James Dean non andò mai in porto e così il progetto svanì. Un po’ perché una volta che mi vedi in quel ruolo, se non mi conosci, può essere difficile vedermi diversamente… un po’ perché non ho avuto altre opportunità per mettermi in mostra come si deve. Non so se riuscirò mai a vivere di questo lavoro, ma vi giuro che A) Non sono come Jacopo B) Posso fare altri ruoli C) Votatemi. Si fa per ridere, ovviamente.
Come ti sei trovato sul set insieme a Vanessa Incontrada e a Lino Guanciale?
Due belle persone e due macchine da guerra del mondo delle fiction e non solo! Confesso di aver stretto più i rapporti con Lino, che ha sempre creduto in me aiutandomi, qualora potesse, un suo giovane collega ancora in fase di gavetta.
Lo scorso anno hai debuttato al cinema con “Compromessi Sposi”, come hai ricevuto la notizia che ti avevano preso? Come hai reagito?
Lo ammetto, ero felicissimo. Sai ci sono attori bravi con i provini ed altri meno ed io per i provini non sono portato. Quando ti studi lo stralcio non sai mai se devi prendere una direzione precisa, rischiare o fare una via di mezzo, sperando che almeno qualcosa di buono ci sia, alla peggio sperando d’esser richiamato. E poi alla fine finisci per fare una schifezza. Ecco quella è stata la sensazione che ho avuto uscendo dal provino. Quando ho scoperto che mi avevano preso ho fatto un enorme sospiro di sollievo.
Hai avuto il piacere di lavorare con Diego Abatantuono e Vincenzo Salemme, che cosa ti ha colpito di loro? Ti hanno dato qualche consiglio?
La loro simpatia. Due fenomeni veri, due giganti come loro sono belli anche solo da vedere, figurati conoscerli. Ogni tanto mi sento con Vincenzo. Lo stimo davvero molto, è una di quelle rarissime perle del mondo dello spettacolo sia come attore che come persona.

Un aneddoto relativo ad un set…
Fino a 22 anni non ho mai portato gli occhiali da vista. Una volta arrivato a Budapest, sul set di una campagna per la Mulino Bianco, su scelta del regista, si decise di mettermeli in scena. Quando Antonio Banderas mi vide per la prima volta esclamò: “Ecco il mio Bubu!”. Da lì si creò subito un feeling con l’attore spagnolo. Ancora oggi mi chiedo perché mai mi presentai pigramente sul set con quegli occhiali. Quel piccolo ruolo fu poi un blando precursore del praticante Jacopo in: “Non Dirlo al Mio Capo”.
Progetti per il futuro? Hai fatto qualche provino?
Da circa due anni mi sono trasferito a Roma per portare avanti la mia carriera artistica. Ad oggi ho iniziato anche a scrivere ed a produrre. Amo molto l’audiovisivo, ho molta voglia di fare e mi distingue un certo patriottismo. Durante il lockdown, assieme al regista, ho terminato il montaggio del mio secondo documentario dal titolo “Flash: la storia di Giovanni Parisi”. Si tratta a mio avviso della storia più poetica mai raccontata dal mondo sportivo italiano. E’ un film commemorativo, senza scopo di lucro, narrato, scritto e prodotto da me anche grazie al supporto dell’Associazione Italiana Cultura e Sport, del CONI e della Federazione Pugilistica Italiana. Ad oggi sto lavorando su altri nuovi progetti, ed ho un lungometraggio in uscita.
Cos’è per te … (citando il nostro sito) … “uno spettacolo nel cassetto”?
E’ la fantasia che molti tengono chiusa nel cassetto e che aprono per prendere il volo e lasciarsi andare al magico e preziosissimo mondo dell’immaginazione.